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Il rapporto con i grandi predatori forse è da sempre conflittuale, da quando eravamo prede a quando siamo diventati capaci di difenderci ed infine di offendere. Li abbiamo visti come divinità, come pericolo, come competitori, e persino come “nocivi”….e tutto questo lo ritroviamo nei miti, nelle leggende o nelle favole della nostra infanzia. Il titolo che ho scelto per questo articolo, uno dei detti che molte volte ci siamo sentiti ripetere, magari al termine di una marachella, mi rimbalzava in mente in continuazione leggendo un vecchio scritto di Giuseppe Altobello….che, tra le altre cose, cita il proverbio. Giuseppe Altobello, per chi non lo conoscesse, è stato un naturalista, zoologo e cacciatore italiano e per i più addentri alla sistematica ritroviamo il suo nome accanto alle sottospecie di lupo appenninico (Canis lupus italicus Altobello, 1921) e orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus Altobello, 1921).

Nell’articolo del 1924 dal titolo, non proprio politicamente corretto, “un nemico da combattere: il Lupo” Altobello mette in evidenza alcuni punti che mi hanno fatto riflettere. Ora, sottolineando che sicuramente erano altri tempi, che le conoscenze scientifiche ed ecologiche dell’epoca e la stessa percezione della fauna selvatica erano lungi dal nostro modo di pensarle attualmente, tengo a precisare che la mia attenzione si è concentrata su aspetti che esulano la “persecuzione” capillare della specie tipica del periodo.

Tra i pastori delle nostre montagne, tutti i proprietari di bestiame brado, qualche cacciatore di paese alpestre, qualche solitario zoologo, rappresentano le sole persone che s’interessano del lupo in Italia

Oggi forse è tutto ribaltato, ad interessarsi di lupo abbiamo frotte di zoologi, interi quartieri “bene” delle nostre città e solo qualche sparuto cacciatore o pastore resistente. Con questa modifica nelle attenzioni  per questa specie è cambiata anche la percezione che, di essa, si ha. L’autore scrive in un periodo, ed in un paese agricolo, nel quale si aveva una paura enorme del lupo. Il predatore era visto non solo come minaccia economica, un capo di bestiame in più poteva rappresentare il confine tra la vita e la morte, ma anche come minaccia per la propria incolumità (vengono riportati diversi casi di aggressioni). Oggi forse non abbiamo più paura del lupo, siamo più maturi, ricchi, eruditi……ma mentre noi cambiamo il lupo cosa fa?

Ed è questo l’aspetto centrale, secondo me, dell’articolo di Altobello nel quale trovo molti punti di contatto con quanto scritto dal Prof. Geist e che abbiamo raccontato sempre sulla nostra rivista (qui).

Altobello scrive, di concerto con quanto sosteneva uno degli altri massimi zoologi dell’epoca Alessandro Ghigi:  “la specie è in notevole  aumento in molte provincie dell’Italia centrale e meridionale (Aquila, Campobasso, Caserta, Benevento, Salerno, Potenza, Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria)

Inoltre l’autore sottolinea quelli che erano i “danni” ascrivibili al predatore: “vedo che i suoi misfatti aumentano di giorno in giorno e che mentre prima si limitava alla rapina di qualche pecora incustodita, ora arriva non solo all’assalto in piena regola o in grande stile degli ovini, dei vitelli e dei puledri, ma anche ad attentare con audacia crescente la vita umana

a Scanno l’anno scorso, un lupo fu trovato sul pianerottolo di una casa; quest’anno presso Sulmona tre lupi, dei quali uno è stato ucciso, visitavano tutte le notti il comune di Introdacqua e le contrade vicine. Divorano i cani da pagliaio incapaci a difendersi, arrivano anche a penetrare nelle stalle rurali […] come è accaduto nel dicembre scorso a Macchia d’Isernia (Campobasso) in cui un branco di lupi scannò in un ovile tredici pecore, e poco tempo dopo, nella notte di Natale, nel vicino territorio di Monteroduni, ripetendo la carneficina i lupi ne uccisero in una stalla ben ventisette.”

“E’ certo che esso di inverno arriva anche alle porte di Roma e che si è visto spesso in febbraio anche sul Vesuvio”

Non sembra di leggere “le cronache del 1924”, è fin troppo facile fare un parallelo con la situazione odierna e, anche se oggi ci raccontano moltissime cose interessanti su questa specie, poco sembrerebbe cambiato. In realtà, mentre anche le categorie maggiormente interessate, ovvero pastori, malgari, allevatori sono praticamente le stesse, qualche differenza la possiamo riscontrare. In effetti all’epoca questo tipo di problematiche, connesse alla convivenza con il predatore, riguardavano praticamente solo il centro sud della penisola; attualmente grazie al recupero di territori da parte del lupo, anche nel nord Italia, fin sulle Alpi, non manca certo la casistica.

Il lupo dopo “centinaia” o “migliaia” di anni di persecuzione ha imparato a temere l’uomo?

Probabilmente sì, lo dimostrano diverse ricerche ed esperienze di campo; ma è sempre così? Molti meccanismi intrinseci alla specie possono giocare un ruolo fondamentale in queste dinamiche ma l’opportunismo, la tranquillità, le modifiche occorse nel tempo nei territori possono influenzarle in egual misura.

La risposta del predatore è dunque imprevedibile?

…..mah sicuramente il lupo perde il pelo, ma non il vizio!!!

Giuliano Milana

About the author

Giuliano Milana

Naturalista, biologo ed agrotecnico laureato.
Autore di pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, presidente di EPS Sardegna

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