Prendo spunto da una recente lettera ricevuta in redazione da un selecontrollore Bergamasco,
Il quale denuncia una situazione ormai profondamente radicata su tutto il territorio nazionale.
“il Comprensorio Prealpi Bergamasche è guidato da un capo squadra di caccia collettiva al cinghiale e boicotta sistematicamente ogni iniziativa della Regione – UTR per sviluppare la caccia di selezione.
Recentemente UTR ha emesso un decreto che prescrive che la nostra forma di caccia è praticabile su tutto il territorio del comprensorio, ne impone la zonizzazione e l’assegnazione dei settori ai cacciatori di selezione.
Amplia di molto l’orario ammesso ed il calendario, consente un carniere stagionale di 10 capi a testa, con un piano prelievo totale di 100 capi. Abbiamo chiesto al comprensorio di suddividere il territorio in 3 settori (siamo in 20).
Risultato: lo hanno suddiviso in 44, e ci hanno assegnato a 11 settori, lasciando scoperto l’85 % del territorio. Ci hanno assegnato 4 capi in modo nominativo e rigido, e si parlerà chissà quando di riassegnazioni.Il mondo agricolo si aspetta molto dalla nostra azione, e così i politici strombazzano sui giornali.
In realtà siamo pressoché paralizzati.
Abbiamo ripetutamente interpellato UTR e Regione perché difendano le norme che loro stessi hanno emesso, e che vengono svuotate di efficacia.
Nessun riscontro concreto.
Abbiamo ritirato le fascette, ma stiamo meditando di riconsegnarle in segno di protesta.”
Ovviamente lo stesso tipo di situazione si sta ripetendo a macchia d’olio in quasi tutte le zone dove ormai la costituzione di svariate squadre al cinghiale la fanno da padrone usando il territorio in maniera arbitrariamente esclusiva.
Sono anni che l’Ispra promuove la caccia di selezione incentivando le regioni ad organizzarla, ma salvo pochi casi come l’Emilia Romagna e la Toscana in troppi fanno ancora orecchie da mercante sarà forse perché ancora troppo coinvolti con le squadre stesse?