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Come ognuno di noi avrà potuto sperimentare semplicemente leggendo un qualsiasi articolo dedicato a qualche specie animale (o vegetale) accanto al nome “italiano” o, per dirlo correttamente, volgare appare tra parentesi e, scritto rigorosamente in  corsivo, il “nome scientifico”. Il doppio nome latino, che gli scienziati assegnano ad ogni essere vivente, ha la funzione di uniformare e codificare la determinata specie a livello internazionale in maniera unica ed inequivocabile. Il primo dei due nomi si scrive sempre con l’iniziale maiuscola ed è relativo al genere e comune per gruppi anche ampi di animali o piante. Il secondo invece si scrive con l’iniziale minuscola, indica assieme al genere la specie ed è caratteristico solo di un certo tipo di individui, molto simili tra loro e in grado generalmente di produrre prole fertile. In alcuni casi, genere e specie sono uguali; questo succede spesso quando la specie è stata la prima descritta di quel genere. Per esempio per la gazza (Pica pica), il daino (Dama dama), o il tasso (Meles meles).

Ogni qualvolta venga scoperta una nuova specie, il genere viene assegnato in base a delle regole che definiscono la sua appartenenza ad un determinato gruppo filogenetico secondo le conoscenze del momento, mentre il nome specifico viene scelto direttamente dallo scopritore. I nomi dei generi e delle specie tendono a richiamare le caratteristiche morfologiche, geografiche, il nome dello scopritore o semplicemente un nome riconducibile a quella specie nella lingua latina. Una specie può essere trasferita in un genere diverso da quello originario; il daino venne in origine chiamato Cervus dama ma poi uno zoologo propose che la specie si differenziava sufficientemente dal Cervus tipico (cioè Cervus elaphus) da meritare un diverso genere e venne quindi trasferito al genere Dama.

Questa breve introduzione riassuntiva è propedeutica all’argomento che volevo affrontare nell’articolo, ovvero l’origini di alcuni nomi scientifici di specie, cacciabili o meno, che comunemente incontriamo nel nostro “errare per campi, boschi ed acquitrini”.

Come detto alcuni nomi sono semplicemente la “trascrizione” del nome assegnato a quella specie già in epoca romana, come nel caso del merlo (Turdus merula)  dal latino “turdus”, che indica un tordo e “merula” = merlo, della quaglia (Coturnix coturnix), che deriva dall’omonimo termine latino “coturnix-coturnicis” che significa semplicemente quaglia o del genere Alectoris che deriva da alectòride (o alettòride) e dal greco ἀλεκτορίς che significa «gallina»

Altri nomi hanno un origine se vogliamo più complessa o articolata:

Pavoncella (Vanellus vanellus), vanellus deriva dal latino  vannus  «crivello, vaglio, ventola». Lo strumento utilizzato per la “vagliatura” del grano, questo per indicare la somiglianza fra il suono del battito delle ali della pavoncella ed il rumore “affannoso” del grano quando sollecitato dal setaccio.

Beccaccia (Scolopax rusticola) e Beccaccino (Gallinago gallinago). L’etimologia del nome scientifico Gallinago, ripetuto sia nel nome del genere che della specie, deriva dal latino “gallina” e “ago”=somigliante ad una gallina, per la posizione, simile a quella di una comune chioccia che assume quando posato a terra. Infine una spiegazione ai due sinonimi Capella e Scolopax, due generi ai quali era stato alternativamente assegnato in precedenza il beccaccino. Nel latino il termine “capella” è il nome dato alla femmina della capra mentre sempre in latino “Scolopax-Scolopaceus” significa barrato, striato. Altri riconducono il nome “Scolopax”  al greco con significato di “palo aguzzo”, per via del lungo becco di entrambe le specie. Nel caso della beccaccia “rusticola” deriva dal latino e significa “abitante della campagna”.

Gallo cedrone (Tetrao urogallus). Il nome  greco Tetrao significa ”che schiamazza”  e si riferisce ai versi del cedrone durante le parate amorose. Urogallus sembra voler ricordare un bue selvatico europeo scomparso, l’Uro. Dunque porrebbe significare per estensione  grosso gallo oppure uro [dal greco oyrá “coda”], come prefisso, potrebbe riferirsi alla bellezza della coda.

Pernice bianca (Lagopus muta). Il nome del genere della pernice, Lagopus, deriva dal greco lagos, che significa “lepre”, e pus, che significa “piede”. Si riferisce all’adattamento delle zampe, coperte di piume come difesa dalla neve fredda. Il nome mutus deriva dal latino e significa “muto”, con riferimento al canto del maschio, simile ad un gracidio.

Faraona (Numida melagris). Il nome del genere “numida” deriva dal latino e si riferisce all’antica popolazione dei Numidi, che abitavano la Numidia, regione dell’Africa nord-occidentale; quindi il nome del genere si riferisce alla terra d’origine della specie. Il termine indicante la specie “meleagris” viene dal latino ed è il nome che, stando agli scritti di Plinio il Vecchio, i Romani davano proprio alla faraona. Lo stesso nome è stato assegnato anche al ben noto tacchino (Meleagris gallopavo) con cui la faraona è stata inizialmente confusa, in quanto entrambi provenienti da terre lontane, non ben specificate, ma in realtà molto diverse.

Colombaccio (Columba palumbus). L’etimologia del nome scientifico anche in questo caso trae origine dal latino “columba” = piccione o colombo, termine a sua volta derivato dal greco antico “kolumbos”=tuffatore, colui che si tuffa di testa, per lo strano comportamento in volo di questo uccello. Il nome della specie palumbus deriva anch’essa dal latino, ma semplicemente da “palumbes” = piccione di bosco, appunto per l’habitat prevalente di questo uccello.

Tortora (Streptopelia turtur ) e Tortola dal collare (Streptopelia decaocto). L ’etimologia del nome del genere Streptopelia trae origine dall’antico greco. Deriva infatti da “streptos”=collare e “peleia”=tortora appunto per le decorazioni nella zona del collo presenti in entrambe le specie. Mentre turtur significa semplicemente tortora per quanto concerne “decaocto” l’origine  ha invece una derivazione mitologica riconducibile al suo lamentoso canto. Narra la storia di una serva dell’antica Grecia che lavorava instancabilmente tutti i giorni effettuando i lavori più umili e faticosi, ricevendo come paga solo 18 pezzi di moneta all’anno. Le sue amare e continue lamentele furono ascoltate dagli Dei che per liberarla dalla schiavitù la trasformarono in un uccello che avrebbe però ripetuto il medesimo e lamentoso canto per rammentare le vicissitudini in vita. “Decaocto” dall’unione dei due termini latini “deca”=dieci e “octo”=otto per rammentarne appunto l’amarezza in terra. Infatti il suo verso contempla la ripetizione della terzina “ku kùùùù ku”, accentata sul secondo suono, per sei volte per un totale di 18 sillabe.

Fringuello (Fringilla caelebs).  Caelebs deriva dal latino e significa “celibe”, in quanto Linneo notò che le femmine della popolazione svedese tendevano a migrare a sud alla fine dell’autunno, lasciando i maschi da soli ad affrontare i rigori dell’inverno.

Pettirosso (Erithacus rubecola). L’etimologia del nome scientifico trae origine da una antica tradizione, anticipata da Aristotele ma anche parzialmente sostenuta da Linneo e che durò fino al momento in cui non si capì a fondo il concetto di migrazione, che vedeva gli uccelli estivi “trasformarsi” in altre specie similari durante l’inverno. Il genere Erithacus deriva da “erithakos” che era un uccellino non ben definito, probabilmente un codirosso od un pettirosso, due specie oggetto di questo fantasioso “sdoppiamento” stagionale. L’epiteto rubecola trae origine dall’abbinamento dei due termini latini “rubeus”=rovo e “cola”=abitante, appunto per l’ambiente abitualmente frequentato. Interessante anche l’etimologia del nome scientifico della famiglia Muscicapidaea, cui appartengono il pettirosso e il codirosso, che deriva dal latino “musca” = mosca e “capere” = prendere.

Cornacchia grigia (Corvus cornix). L’etimologia del nome scientifico, anche accettando la possibile nuova visione delle cose, è in confronto alquanto ripetitiva. “Corvus” dall’omonimo termine latino che significa appunto corvo; “corone” dal greco “korone” = corvo, derivato a sua volta da “krozo” = gracchiare e “cornix” di nuovo dal latino e sinonimo di “corvus”. Comunque inequivocabilmente un “corvo” da ogni punto di vista!

Taccola (Corvus monedula). Sul nome generico abbiamo già scritto parlando della cornacchia per quanto invece concerne “monedula”, questo deriva dal latino “moneta” = denaro e “edo” = mangiare. Una classificazione alquanto bizzarra e senza significato logico se non derivasse, come spesso accade nei nomi scientifici, dall’antica mitologia greca. Linneo pensando che tra i vizi di questo uccello ci fosse quello di raccogliere e rubare le monete, cercò una relazione con le antiche leggende e la trovò. La nobildonna Arne di Atene, dopo aver tradito per denaro la propria Patria in favore di re Minosse di Creta, venne punita dagli Dei per la sua avidità. Le divinità infuriate la tramutarono in una gazza ladra od in una taccola, uccelli che hanno appunto mantenuto la stessa “cupidigia” e la stessa nomea fino ai giorni nostri.

Gazza (Pica pica). Il nome deriva dal termine classico latino “pica” = chiassoso, allegro, poi diventato successivamente “gaium” = gaio derivando dal nome proprio Gaio, un tipo sicuramente allegro!!

Germano reale (Anas platyrhynchos). Il nome del genere “anas” è quello che gli antichi Romani davano alle anatre. In nome “platyrhynchos”, viene dal greco “platys”=largo e “rygcos”=becco, con riferimento al becco, decisamente largo e piatto di questo uccello.

Mestolone (Anas clypeata). Anche in questo caso  l’etimologia, di derivazione latina, riprende questa caratteristica: infatti l’appellativo specifico è clypeata da “clypeatus”=che porta uno scudo, si riferisce al becco particolarmente pronunciato in questa specie

Alzavola (Anas crecca).  Crecca prende origine dal termine svedese “kricka” nome dato localmente all’alzavola e probabilmente di origine onomatopeica ma riferita più alla marzaiola, il cui tipico verso è proprio un continuo “crekcrek” di collegamento e richiamo.

Folaga (Fulica atra). L’etimologia del nome scientifico trae probabilmente origine per il genere Fulica, dal latino “fuligo, fuliginis” = scuro, fuligginoso, confermando poi con il termine atra (dal latino ater, nero, oscuro) il medesimo concetto.

Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus). L’etimologia del nome scientifico trae origine dal latino per il genere Gallinula, piccola gallina e dal greco per la specie chloropus, da “khloros”=verde e “pous”=piede. Quindi gallinella dai piedi verdi.

Gheppio (Falco tinnunculus). Come indica l’etimologia del genere Falco, hanno ali falcate, a forma di falce, dal latino “falcis”= falce. Il nome specifico tinnunculus proviene sempre dal latino “tinnitus” = tintinnio, un riferimento onomatopeico visto che il suo abituale verso ricorda “vagamente” il tintinnìo di una campanella.

Coniglio (Oryctolagus cuniculus).  Oryctolagus, nome composto dal gr. ὀρύκτης «scavatore» e λαγώς «lepre», per enfatizzare la differenza proprio con la lepre nella costruzione della tana, o meglio dei “cunicoli” in latino cuniculus (cunicolo, galleria, passaggio nascosto).

Questa è solo una breve parentesi su un argomento ben più vasto e complesso. La necessità di “catalogare” e di “assegnare un nome” alle diverse specie è alla base di ogni ricerca e della conservazione stessa. Di fatto, oltre a questo tipo di approccio internazionale “standardizzato”, i più fortunati tra di noi, che hanno avuto la fortuna di nascere o vivere in contesti rurali, si saranno accorti di come le vecchie generazioni avessero il loro “systema naturae casereccio”. Per queste persone la conoscenza di erbe e animali poteva rappresentare anche la possibilità o meno di un pasto in più. Quindi sono moltissime le specie, sia animali che vegetali, che in ogni regione o addirittura in ogni paese hanno nomi differenti… magari, prossimamente,  proprio questo potrebbe essere l’argomento di un’altra “chiacchierata” su queste pagine.

Giuliano Milana

About the author

Giuliano Milana

Naturalista, biologo ed agrotecnico laureato.
Autore di pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, presidente di EPS Sardegna

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