Occorre determinazione voglia e pazienza. Dalla pulizia – occore un amico che ti fornisca in pezzo già agibile – alla frollatura: non meno di 15gg in cella, in questo caso anche un paio di mesi in congelatore, poi la marinatura. Il risultato è agreste, unito ad una rusticissima polenta. Dividerà, ma a chi piace, piace.
Il pezzo di muscolo viene calato in una infusione di tè nero, ottenuto con tutte le foglie e che vengono lasciate. La marinata – calda – va aromatizzata con le erbe – alloro, salvia, rosmarino – e le spezie: ginepro, chiodo, cannella. Aggiungi un mezzo bicchiere d’aceto di vino e olio. Dodici ore a temperatura ambiente apprettano il taglio.
La cottura è stata ottenuta con la pentola a pressione. La base di scalogno, carotina e sedano, stufata con olio, su cui adagiare il muscolo marinato, facendolo passare su tutti i lati. Poi va ricoperto con il liquido della marinata filtrato, immettendo erbe fresche e spezie nuove. Aggiungi vino bianco e acqua fino a copertura della carne. Due ore di fuoco basso sono il viatico per una tenerezza ancora venata di nervosismi sparsi.
Alla fine, quando aprirai la pentola potrai salare e pepare, e lasciando andare ancora una mezz’ora.
Nel frattempo hai fatto partire una bella polenta: a seconda della farina e del gusto la dose giusta per ottenere la densità desiderata. Qui si cercava una polenta dura, per cui farina di Storo grezza a 220g per litro d’acqua. Per chi non lo sa, la casseruola antiaderente è un toccasana, impedisce il formarsi della classica cotica sul fondo. Se la fai cadere nell’acqua ancora tiepida e la firi con la frusta non avrai problemi di grumi. Un cucchiaio d’olio male non fa. Puoi salare a mezza cottura, che durerà non meno di un’ora.
Il cinghiale è pronto: lo prelevi dalla pentola e lo tagli a fette, mentre velocemente frulli il fondo: due cucchiaiate di polenta, due fette di carne e una misura di salsa per completare la pietanza, che vale anche come sostanzioso piatto unico.